IL SEGRETO DI CHELIDONIA (Secop, 2014)

Nella sua scrittura tutto è immaginifico, misterioso, visionario, come sospeso tra realtà e sogno. Un po’ Borges, un po’ Queneau, un po’ Calvino. Ma anche molto di più: funambolo della parola che narra la realtà, in una visione tutta sfalsata, perché vista dall’alto e imprendibile, intrisa di vertigine e di azzurra libertà e, perciò stesso, non descrivibile così com’è. Occorre inventarla, immaginarla, ricrearla. Con un linguaggio antico (la realtà conosciuta) e  del tutto nuovo, insolito (la realtà inventata), ma sempre colto, alto, poetico. (Angela De Leo, prefazione al volume)

Nella raccolta di racconti Il segreto di Chelidonia (Secop Edizioni, pp. 216, euro 13,50) Gianni Antonio Palumbo, che di letteratura dell’età umanistica e rinascimentale è studioso, mostra di non avere particolare “timore reverenziale” nei confronti di uno sviluppo narrativo certamente arduo, intrecciando stili e contesti storici non solo nello stesso testo (il primo, in particolare, che dà anche il titolo al volume) ma anche all’interno della stessa raccolta, collocando ad esempio, in rapida sequenza, un racconto che vede per protagonisti i personaggi della Liberata con un altro ambientato nel centro storico di un comune della Terra di Bari. (Stefano Savella, "Puglialibre")

Abbiamo lasciato per ultimo ‘L’ospite dell’alba’, la cosa migliore di tutto il libro. Qui con mano sapiente e rapida Palumbo dipinge l’antica Roma dove ambienta un'inquietante vicenda nella quale realtà e orrore si attorcigliano scorrendo sul filo di una lama. Fulminante. (Italo Interesse, "Il Quotidiano di Bari")

Tipico dello stile dell'autore (di cui ho letto anche altre opere, tra cui ricordo e consiglio il romanzo Eternità. La leggenda di Destino e Sospensione) è il ricorso a riferimenti dotti, spesso mitologici. Palumbo possiede, infatti, una grandissima cultura letteraria - e non - che usa con grande sapienza non solo nel linguaggio duttile, alle volte rivestito di una patina arcaica, ma allo stesso tempo fluido e scorrevole, ma anche nelle sue storie, creando situazioni che rievocano tragedie greche, o usando personaggi mitologici e/o storici, rispecchiando fedelmente le situazioni dell'epoca o stravolgendole in chiave moderna (Il sogno: Alcesti 2013). (Olimpia Petruzzella, blogger di "Biancaneve critica", in "Incroci")

Pennellate rinascimentali e voci antiche sembrano vibrare nel libro di Gianni Antonio Palumbo "Il segreto di Chelidonia e altre novelle". Diciassette racconti, altalenanti tra i misteri di una Roma antica e i sentimenti più profondi di personaggi storici o creati dalla fantasia dell’autore. Una buona capacità d’immedesimarsi nella psicologia dei singoli individui attira l’interesse del lettore, e le vicende, con finali inaspettati, spesso sfociano in una dolce malinconia. Il linguaggio dei racconti di Palumbo è ricercato e poetico, con i profumi e le essenze di antiche curiosità. (Loredana Simonetti, in "La voce romana")

In un misto di realtà ed irrealtà, col surreale che si intromette, senza forzare ma con vigore, nelle storie, queste novelle sono incantevoli. Aprono gli occhi sul nostro mondo interiore, ricordandoci che non siamo poi tanto diversi dai nostri antenati. (Patricia Moll, blogger di "Myrtilla's house")

Storia di ordinaria diversità è «La Pleiade storna», perfetta mescolanza di realtà e invenzione, con una struttura originale e sognante, dal ritmo allegro e armonioso che ha la grazia di una fiaba e la forza di una parabola. (Domenico Amato, "Quindici")

In definitiva "Il segreto di Chelidonia e altre novelle" di Gianni Palumbo è un’opera originale e ben assortita nel suo ventaglio narrativo. Pur conservando un background di raffinata cultura, pur esibendo un lessico a volte dotto e ricercato, pur incastonando costrutti sintattici preziosi, come il complemento di relazione o alla greca, la prosa del libro si rivela limpida e fluente, elegante e malleabile, aperta a coloriture vernacolari e popolaresche, a guizzi satirici e parodistici, con dialoghi impeccabili e con un taglio ora malinconico, ora ìlare, ora surreale o sorprendentemente immaginifico. (M.I. de Santis, in "La Vallisa")

Lirico e toccante il racconto “La sposa del tiglio” che all'annientamento della memoria e alla perdita d’identità distrutta dall’Alzheimer contrappone il culto della famiglia e dell’amore coniugale. (Marisa Carabellese, in "Filo diretto")

Racconti, anzi novelle composte con un variegato materiale, spaziante dal mito a tematiche esoteriche rinascimentali, situazioni grottesche e/o comiche, talora tinte di giallo, di paranormale, atmosfere fantasy e, talora, di spicciola quotidianità molfettese, il tutto shakerato in una lingua camaleontica, un mixage di usi linguistici e termini disparati, che si fondono in uno straordinario dettato organico dalla caleidoscopica tessitura. (Enrico Bagnato, in "La Vallisa")

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