ISABELLA MORRA, RIME (Stilo, 2019)

Con analitico impegno filologico Gianni Antonio Palumbo ci consegna una nuova edizione delle «Rime» di Isabella Morra, affidandola alla Stilo Editrice di Bari.
La documentazione di Palumbo è profonda e ricca mentre il suo intervento procede secondo varie strade esegetiche: una serrata indagine critica circa le parentele letterarie della poesia di Isabella, l’indagine filologica dei suoi versi e un excursus critico sui tanti che hanno in qualche modo toccato i versi e la vicenda biografica della poetessa di Valsinni. (Raffaele Nigro, La Gazzetta del Mezzogiorno)

Il pregio fondamentale di questo libro non consiste tanto nell'essere una nuova edizione annotata delle Rime di Isabella Morra (come potrebbe far supporre il titolo) quanto piuttosto nel contenere in realtà un ampio saggio - eccellente per profondità e completezza - che prima di tutto esplora il milieu storico-sociale in cui la poetessa visse, e poi scandaglia la 'stoffa' poetica dei suoi versi, rilevando tanto le influenze dei modelli (Petrarca in primis) quanto le 'rivisitazioni' e le divergenze che ne costituiscono la personalità. Tutto ciò in un quadro di opportuni confronti anche con altre rimatrici del Cinquecento. L'obiettivo è puntato nondimeno sulla nota e tragica storia famigliare di Isabella - sgombrata, però, dai romantici eccessi che vi hanno accumulato una certa tradizione e determinati approcci ormai superati - badando, inoltre, a non far rientrare del tutto la poesia nella vicenda biografica, perché in tal modo si finirebbe per 'rinnegare' l'opera d'arte come tale. (Marina Caracciolo, recensione su ibs.it)

Non sapremo mai a quali rive sarebbe approdata la Musa di Isabella Morra se la violenza degli uomini non l’avesse strappata così presto alla vita. Possiamo, però, grazie alla commendevole curatela di Gianni Antonio Palumbo, in cui i commenti critici, le note puntuali ed esaurienti e un’appendice sulla storia della critica morriana conferiscono al volume una indubbia solidità scientifica, riappropriarci dell’esperienza letteraria ed esistenziale di una poetessa vera finalmente scevra di miti e pregiudizi. (Giovanni Laera)

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Anche alla luce dei pochi esempi addotti, tirando le somme, il lavoro di Gianni Palumbo sulle Rime di Isabella Morra va salutato con la massima riconoscenza e segnalato agli studiosi e ai cultori per il fitto corredo di note esplicative, l’esauriente rinvio comparativo alle fonti, la densa bibliografia e i commenti sempre puntuali e illuminanti. ( Marco Ignazio de Santis, Le “Rime” di Isabella Morra. in “La Vallisa”, 113, pp. 34-36)

Ogni parola usata da Gianni Palumbo ha un peso, una suggestione, una grazia innata e ci schiude continuamente altri universi, quasi fosse uno scrigno che si apre d’incanto. Espressioni come  “canzoniere dell’immanità”   o   “contromuse”,  da  lui   adottate  per esprimere l’originalità e l’unicità di questo “canto”,  non possono non lasciarci sorpresi. (Giulia Notarangelo)

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