KRANKREICH, TRAMONTO DI UN SOGNO (Palomar, 2000)

Il poco più che ventenne Gianni Antonio Palumbo (Molfetta, 1978), nel medioevo immaginario del suo poderoso "Krankreich, tramonto di un sogno" (ed. Palomar) si muove, invece, con spigliatezza, sul duplice fronte del racconto cavalleresco e della favola metafisica. (Michele Trecca, in “La Gazzetta del Mezogiorno”)

Palumbo comincia a raccontare: “Era ormai pomeriggio, quando un viandante, dopo un lungo, inesausto cammino, scorse, gravato sotto il peso di un’inesprimibile stanchezza, un piccolo villaggio innanzi a sé”. È il personaggio chiave di una narrativa che si dilata in avventure storiche con qualche allusione agli avvenimenti attuali. (Pasquale Infante, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”)

Lontano da giovani cannibali, pulp e letteratura post-moderna, Gianni Antonio Palumbo sceglie una forma classica di scrittura, la stesura di un libro “epico”, che racconta l’arrivo di uno straniero a Krankreich, l’impero malato di re Friedrich (…). Il romanzo fonde poesia, citazioni colte, riferimenti musicali e accostamenti linguistici per delineare la storia di un uomo alla ricerca della propria identità, i cui occhi sono lo “specchio di un’anima pura”, che cerca di percorrere il cammino verso la libertà. (Ignazio Minerva, in “Repubblica”)

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